La diagnosi delle neoformazioni vescicali è basata in primis su anamnesi ed esame obiettivo. Nella raccolta anamnestica particolare rilievo è rivolto alla famigliarità ed alla potenziale esposizione a fattori di rischio, sia in ambito lavorativo (ad es. vernici) che per abitudini voluttuarie, quali il fumo, o a particolari patogeni (Schistosoma).
Il segno clinico più frequente è rappresentato dalla macroematuria, tipicamente monosintomatica, mentre nei pazienti con Cis è possibile la presenza di sintomatologia minzionale irritativa con pollachiuria, stranguria ed urgenza minzionale.
Esami diagnostici
Ecografia
L’ecografia rappresenta l’indagine di I livello più importante, con particolare attenzione rivolta alla presenza di eventuali neoformazioni all’interno del lume vescicale o di idronefrosi a monte.
TAC con mezzo di contrasto e Risonanza Magnetica
La metodica diagnostica più sensibile è invece rappresentata dalla TAC con mezzo di contrasto che, oltre alla stadiazione locale, fornisce informazioni cruciali circa l’estensione a distanza della malattia.
Essa permette inoltre di valutare l’eventuale presenza di neoformazioni sospette a livello delle vie escretrici (pelvi renale ed ureteri).
Nei pazienti allergici a mezzo di contrasto iodato può inoltre essere utilizzata la risonanza magnetica.
Analisi citologica
Nella diagnosi del tumore della vescica trova inoltre impiego la citologia urinaria, ossia l’analisi citologica di campioni di urina ottenuti dal paziente, in genere in tre giorni consecutivi.
Tale indagine ha un’elevata sensibilità nelle malattie di alto grado, mentre è bassa nelle malattie di basso grado e pertanto, in caso di negatività, non permette di escludere definitivamente il sospetto di tumore vescicale.
L’interpretazione anatomopatologica dei vetrini può essere parzialmente ostacolata dalla presenza di infezioni, calcoli vescicali o dallo scarso materiale cellulare.
Cistoscopia
La metodica diagnostica “gold standard” per il sospetto di tumore vescicale è rappresentata dalla cistoscopia. Tale procedura, qualora trovi indicazione a scopo squisitamente diagnostico, viene in genere eseguita mediante cistoscopio flessibile in regime ambulatoriale.
Qualora sia invece condotta a scopo sia diagnostico che curativo, la cistoscopia viene eseguita in sala operatoria e si associa alla resezione del tessuto sospetto: la cosiddetta TURB (Trans-Urethral Resection of the Bladder).
TURB Resezione trans-uretrale di neoformazione vescicale
L’obiettivo della TURB è, qualora possibile, di ottenere adeguate informazioni diagnostico-stadiative e rimuovere tutto il tessuto sospetto. Tale procedura può essere eseguita rimuovendo le lesioni in un pezzo unico (“en bloc”) o in molteplici frammenti, sulla base della scelta del chirurgo e delle caratteristiche delle lesioni. Al fine di garantire un’adeguata analisi anatomopatologica del tessuto rimosso, i campioni dovrebbero contenere sempre muscolo detrusore, con l’obiettivo di poter distinguere le malattie muscolo-invasive da quelle non muscolo-invasive.
In casi particolari, come nel sospetto di Cis, prima della TURB potrebbe essere instillato all’interno della vescica un farmaco volto a mettere in evidenza aree sospette non visibili ad occhio nudo, mediante cistoscopia a “fluorescenza” (la cosiddetta photodynamic diagnosis, PDD).
In alcuni casi selezionati, a seguito del primo intervento di TURB potrebbe essere indicato un secondo intervento, la cosiddetta TURB II look, entro 2-6 settimane dalla prima. Tale procedura viene eseguita qualora il primo intervento sia risultato incompleto, in caso di malattia di alto grado con assenza di muscolo detrusore nei campioni di tessuto ottenuti al primo intervento ed, infine, in caso di malattia T1 alla prima TURB.
Dr. Gabriele Volpi
Consulente Urologo presso l’IRCCS di Candiolo