La prostatectomia radicale consiste nella rimozione della ghiandola prostatica e delle vescichette seminali e nella successiva realizzazione dell’anastomosi (sutura) tra la vescica e l’uretra. A seconda dello stadio di malattia essa può essere associata alla rimozione dei linfonodi locoregionali (linfoadenectomia pelvica).
Questo intervento può essere eseguito mediante un approccio retropubico a cielo aperto, laparoscopico o robotico.
I vantaggi della chirurgia mini-invasiva
I vantaggi della chirurgia mini-invasiva (laparoscopica o robotica) sono rappresentati da un minor rischio di sanguinamento, di trasfusioni postoperatorie e da una migliore visualizzazione delle strutture anatomiche quali l’apice prostatico ed i fasci vascolonervosi periprostatici; oltretutto permette una migliore realizzazione dell’anastomosi stessa con conseguente minor tempo di cateterizzazione postoperatoria, un più rapido recupero grazie al minor utilizzo di farmaci analgesici e quindi una più breve degenza postoperatoria.
Tuttavia, questo tipo di chirurgia può essere correlato ad un maggior tempo operatorio, soprattutto all’inizio della curva di apprendimento del chirurgo.
Possibili complicanze
Le complicanze più frequentemente riscontrate in corso di prostatectomia radicale (0-5%) sono:
- infezioni,
- emorragia,
- anemizzazione,
- trombosi venosa profonda,
- tromboembolia polmonare,
- comparsa di linfocele o linforrea.
Sopravvivenza
Il tasso di sopravvivenza libera da malattia in caso di prostatectomia radicale è di circa l’85%.
Effetti indesiderati della prostatectomia radicale
Gli effetti indesiderati più frequentemente associati a questa chirurgia sono:
- la disfunzione erettile e
- l’incontinenza urinaria.
Disfunzione erettile
L’insorgenza di disfunzione erettile postoperatoria è correlata alla quota di fibre nervose risparmiate durante l’intervento a seconda del diverso stadio di malattia.
In caso di comparsa di disfunzione erettile il paziente può andare in contro ad un percorso riabilitativo che prevede dapprima una terapia orale (inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5), e successivamente può includere l’utilizzo di farmaci per la farmacoerezione intracavernosa, fino alla possibilità di posizionamento della protesi peniena.
Per quanto riguarda il recupero della potenza sessuale postoperatoria a 12 mesi dall’intervento, i dati di Letteratura variano a seconda della tecnica utilizzata:
- 31-76% per la chirurgia a cielo aperto,
- 42-86% per la chirurgia laparoscopica e
- 54-90% per la chirurgia robotica.
Incontinenza urinaria
L’incontinenza urinaria invece, nel caso si presenti, può solitamente essere trattata mediante una riabilitazione del pavimento pelvico o, in caso di incontinenza più grave, essere trattata chirurgicamente mediante il posizionamento di sling suburetrale o sfintere artificiale.
Per quanto concerne il recupero della continenza urinaria a 12 mesi i tassi variano a seconda della tecnica utilizzata:
- 60%-93% per la chirurgia a cielo aperto,
- 66-95% per la chirurgia laparoscopica e
- 90-97% per la chirurgia robotica.
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dr. Enrico Checcucci
Dirigente Medico Urologo presso il Dipartimento di Chirurgia e Coordinatore del Gruppo Interdisciplinare di Cure per le Neoplasie Urologiche dell’IRCCS Istituto di Candiolo, Torino.