Screening del tumore prostatico
Lo screening per il cancro alla prostata è ancora uno degli argomenti più controversi nella letteratura urologica. Una revisione degli studi randomizzati aggiornata al 2018 ha evidenziato come l’applicazione di uno screening sarebbe associato ad un maggior rilevamento di malattie localizzate, ma non di malattie più avanzate, senza un impatto dimostrabile in termini di sopravvivenza.
Allo stato attuale sono ancora in corso di valutazione, a livello locale e nazionale, programmi di screening che potrebbero trovare applicazione nel prossimo futuro.
Diagnosi del tumore alla prostata
Il tumore della prostata è il secondo tumore più diagnosticato negli uomini, con circa 1,4 milioni diagnosi in tutto il mondo nel 2020.
La diagnosi di tumore alla prostata si basa sull’esecuzione della biopsia prostatica, che viene indicata dall’urologo sulla base di un percorso clinico che comprende l’esecuzione dei seguenti esami:
- Esplorazione digito-rettale (DRE),
- Dosaggio del PSA sierico,
- Tecniche di imaging (ecografia prostatica transrettale; risonanza magnetica prostatica multiparametrica),
Inoltre, talvolta nei pazienti con diagnosi di “ipertrofia prostatica” sottoposti ad intervento di resezione transuretrale di prostata (TURP) è possibile che nei frammenti di tessuto rimossi venga riscontrata la presenza di piccole aree di tumore della prostata.
Esplorazione digito-rettale
Tale manovra diagnostica dovrebbe essere eseguita in tutti i pazienti con sintomatologia attribuibile alla prostata. Il tumore prostatico, in oltre il 70% dei casi, origina dalla zona periferica, risultando quindi palpabile durante l’esame obiettivo.
L’esplorazione digito-rettale, purché fondamentale, non è sufficiente, in particolare quando è necessaria una diagnosi precoce, in quanto poco sensibile e caratterizzata da un basso valore predittivo positivo.
Livelli sierici del PSA
Il PSA è una glicoproteina prodotta principalmente dalla prostata, considerata l’unico marcatore sierico di patologia a livello prostatico. Le alterazioni della normale architettura istologica della prostata che si verificano nella prostatite, nell’iperplasia prostatica benigna od in patologie maligne, aumentano i livelli del PSA. Tale marcatore nonostante sia quindi organo-specifico, non è affidabile per identificare la specifica patologia.
Alcune manovre diagnostiche come l’esplorazione rettale, la cistoscopia o la biopsia prostatica possono altresì esserne la causa dell’incremento.
Al contrario, i livelli di PSA circolante possono diminuire in seguito all’uso di farmaci come finasteride o dutasteride, utilizzati per il trattamento dell’ipertrofia prostatica.
Il valore soglia più comunemente usato, 4 ng/mL, è caratterizzato da un basso valore predittivo (positivo e negativo). La sensibilità dei livelli di PSA (cioè la capacità di un test di essere positivo solo nei pazienti affetti), quando si considera un cut-off di 4 ng/mL, varia tra 67,5% e 80%, il che significa che circa il 20-30% di tumori maligni non vengono diagnosticati quando il PSA sierico è l’unico parametro utilizzato.
Fra i metodi utilizzati per aumentare la sensibilità del PSA totale vi sono il rapporto tra PSA libero e PSA totale, spesso più alto nei pazienti con IPB, ed il “PSA density”, ovvero il rapporto tra PSA circolante e dimensione della prostata.
Ecografia transrettale (TRUS)
L’ecografia transrettale TRUS consente una valutazione morfologica della prostata, permettendo di calcolare con precisione il suo volume e la protrusione vescicale (lobo medio ipertrofico).
Sebbene la maggior parte dei tumori prostatici corrispondano a lesioni ipoecogene periferiche, talvolta le neoplasie appaiono isoecogene (circa il 40%) od iperecogene, rendendo tale esame non affidabile come strumento per diagnosticare il tumore alla prostata.
La TRUS risulta altresì fondamentale durante l’esecuzione delle biopsie prostatiche come guida per l’ago da biopsia.
Risonanza Magnetica Prostatica Multiparametrica (mpMRI)
La risonanza magnetica della prostata offre informazioni morfologico-funzionali, cruciali per quanto riguarda la diagnosi e la stadiazione.
La tecnica infatti ha una buona sensibilità per rilevamento e localizzazione del tumore prostatico clinicamente significativo.
Nello specifico, le sue principali applicazioni nel contesto sono:
- individuazione e localizzazione di aree sospette che posso essere campionate tramite biopsie mirate;
- stadiazione locale prima di un trattamento radicale (per stabilire la presenza di un’estensione extracapsulare od un’eventuale invasione delle vescicole seminali).
Ago-biopsia prostatica
Questo esame è attualmente l’unico che consente di effettuare una diagnosi definitiva di tumore alla prostata. L’indicazione ad eseguire una biopsia deriva da valutazioni cliniche che comprendono i valori del PSA, la consistenza della prostata riscontrata in corso di esame obiettivo e dalle informazioni derivanti dall’esecuzione di indagini radiologiche (mpMRI).
Storicamente la biopsia viene eseguita sotto guida ecografica raccogliendo multipli campioni “random” (10-14 campioni) seguendo schemi sistematici tramite approccio transrettale o transperineale.
Per ottenere una migliore accuratezza diagnostica è sempre più diffusa la tecnica che consente di campionare selettivamente le aree classificate come sospette dopo risonanza magnetica, utilizzando un apposito software che consente la fusione delle immagini di risonanza magnetica e TRUS in quella che viene appunto definita “fusion biopsy”.
È importante considerare che una biopsia negativa non implica necessariamente l’assenza di tumore. A giudizio dell’urologo, a seconda dei parametri o dell’andamento clinico nel tempo, può talvolta rendersi necessario ripetere la biopsia.
Oltre al suo significato diagnostico, la biopsia, ha un ruolo nella stadiazione fornendo informazioni utili riguardo all’estensione locale della neoplasia tramite parametri quali il numero di campioni positivi e la percentuale di neoplasia riscontrata in ogni campione.
Istotipo
Per istotipo si intende la tipologia cellulare di origine del tumore e la sua modalità di crescita.
La maggior parte dei carcinomi che insorgono nella prostata hanno origine dalle cellule che formano le ghiandole e sono pertanto definiti adenocarcinomi.
Adenocarcinoma acinare prostatico
L’istotipo più frequente è l’adenocarcinoma acinare e insorge nel 75-80% dei casi nella zona periferica posteriore o postero-laterale della ghiandola. Può essere multifocale, cioè possono essere presenti più aree tumorali diverse all’interno della prostata, e può essere frequentemente (nel 20-25%) trovato in maniera incidentale in campioni operatori di cisto-prostatectomia per carcinoma vescicale.
Macroscopicamente l’adenocarcinoma acinare prostatico risulta di difficile identificazione rispetto al tessuto prostatico normale o iperplastico. Può presentarsi come un’area biancastra a margini sfumati ed irregolari. La difficoltà di identificare le neoplasie della prostata, soprattutto per i casi in cui sono presenti ulteriori localizzazioni di piccole dimensioni nella ghiandola, sono un altro dei motivi per cui la ghiandola viene analizzata nella sua totalità dall’anatomopatologo.
Al microscopio l’adenocarcinoma prostatico acinare risulta costituito da cellule con caratteristiche diverse da quelle del tessuto normale: hanno nuclei più grandi e presenteranno un nucleolo evidente.
Queste cellule si organizzano in strutture circolari con un ‘’lume’’ centrale, le ghiandole, che possono essere ben formate e di forma ‘’regolare’’ o poco formate, fuse tra loro, con forme particolari e mal identificabili, a seconda del grado di differenziazione della neoplasia. Rispetto alle ghiandole del tessuto normale, quelle tumorali sono formate da un singolo strato di cellule: una caratteristica importante, infatti, è la perdita delle cellule basali che costituiscono le ghiandole.
Altri istotipi di carcinoma prostatico
Altri istotipi di carcinoma prostatico sono molto più rari e sono:
- l’adenocarcinoma duttale e
- il carcinoma a piccole cellule (con differenziazione neurendocrina).
Grado della neoplasia
Nel referto istopatologico, una delle caratteristiche importanti che viene riportata, è il grado di differenziazione della lesione, che è un indice sintetico dell’aggressività di una neoplasia.
Le forme ad alto grado sono più aggressive e presentano prognosi infausta. Le forme di basso grado presentano alterazioni meno marcate e risultano meno aggressive.
Nel caso della prostata si utilizza il sistema classificativo definito punteggio di Gleason (Gleason score).
Gleason score
Il Gleason score è caratterizzato da un numero da 6 a 10, che risulta dalla somma di due numeri da 3 a 5 che il patologo assegna secondo dei criteri specifici legati a come le cellule si aggregano tra loro per formare le ghiandole.
Ad una neoplasia composta da ghiandole ben formate con un ‘’lume’’ centrale riconoscibile e ben definito, sarà assegnato un grado 3 di Gleason.
Ad una neoplasia composta da ghiandole mal formate, di forma irregolare, che si ‘’fondono tra loro’’ o che formano strutture definite cribriformi (che si associano ad una prognosi peggiore), sarà assegnato un grado 4.
Ad una neoplasia composta da cellule che crescono con un pattern solido, senza la formazione di ghiandole, o da cellule singole, sarà assegnato un grado 5 di Gleason.
Gli adenocarcinomi della prostata presentano al loro interno parti del tumore di aspetto diverso. L’anatomopatologo, quindi, assegna un primo numero (da 3 a 5 secondo i criteri appena esposti), alla componente del tumore maggiormente presente e un secondo numero (sempre da 3 a 5 secondo gli stessi criteri) alla seconda componente che lo compone.
Il grado di Gleason 6, 3 + 3, sarà caratterizzato da cellule che si aggregano a formare strutture che ricordano quelle del tessuto non tumorale.
Il grado 7, potrà essere caratterizzato dalla crescita di una componente che ricorda il tessuto normale (di grado 3) e una di grado più alto, meno differenziata (grado 4): se a prevalere sarà la componente di grado inferiore si avrà un Gleason score 3 + 4; nel caso opposto un Gleason score 4 + 3, con prognosi peggiore e comportamento più aggressivo.
I gradi più alti di Gleason sono il grado 9, 4+5 o 5 + 4, e il grado 10, 5 + 5.
Come già esposto, nelle biopsie si ha una valutazione di una piccola porzione della neoplasia.
Nel conferire un grado alla neoplasia l’anatomopatologo dovrà tenere conto anche di una presenza minima nel frustolo bioptico di una eventuale componente di alto grado (grado 5).
Essa sarà, a prescindere dalla sua percentuale nel frustolo, inserita come componente del grading (se sarà solo focale sarà il secondo numero).
Nel pezzo operatorio verrà, invece, valutata la neoplasia nell’insieme ed è possibile una variazione del grading che dipenderà dalla quota delle componenti che costituiranno la neoplasia.
Stadiazione della neoplasia
Lo stadio di un tumore ne descrive l’estensione, in termini di grandezza e/o coinvolgimento di organi e tessuti adiacenti o a distanza.
Ad ogni stadio corrisponde una prognosi ed a seconda dello stadio si ha accesso a diverse opzioni terapeutiche. A tal fine si utilizza la classificazione internazionale del sistema TNM (acronimo inglese di Tumor, Node e Metastasis).
Nel caso del carcinoma della prostata:
- T1: tumori non rilevabili né clinicamente, né radiologicamente.
- T2: stadio diviso a sua volta in T2a, T2b e T2c a seconda dell’estensione nella prostata.
- T3: se si osserva estensione del tumore al di fuori della prostata, nel grasso periprostatico (pT3a) o con estensione alle vescicole seminali (pT3b).
- T4: tumore presente in altri organi.
Per quanto riguarda la valutazione dei linfonodi, che viene eseguita in sede di prostatectomia con linfadenectomia si avrà:
- lo stadio N0 in assenza di metastasi linfonodali e
- N1 se la malattia si localizza in almeno un linfonodo.
- Se non saranno analizzati linfonodi la sigla utilizzata sarà NX.
M0 sarà la sigla utilizzata in assenza di metastasi a distanza, M1 se presenti.
Analisi ancillari a supporto della diagnosi o della stratificazione prognostica e terapeutica
Talvolta, nei casi più complessi, possono essere necessarie valutazioni ulteriori per giungere alla diagnosi più precisa possibile. Queste risultano particolarmente importanti nelle biopsie, dove il materiale da valutare è esiguo.
Attraverso reazioni di particolari anticorpi che legano proteine espresse dal tessuto tumorale, queste ultime vengono ‘’evidenziate’’ in un nuovo vetrino colorato con questa metodica. Esempi importanti sono gli anticorpi anti-PSA, anti-NKX 3.1 e anti-RACEMASI.
Come già espresso in precedenza, nel tessuto tumorale non si rilevano più le cellule basali, che costituiscono invece le ghiandole del tessuto sano. Attraverso le indagini immunoistochimiche è possibile ‘’evidenziare’’ le cellule basali (CK34BE12 e p63) che scongiurano la presenza di neoplasia.
Da ultimo, presso l’Anatomia Patologica dell’Istituto di Candiolo FPO-IRCCS è stata recentemente avviata una piattaforma di sequenziamento che permette una profilazione molecolare allargata con pannello di circa 500 geni. Con tale approccio, che verrà dedicato a pazienti selezionati sulla base dello stadio e delle caratteristiche clinico-patologiche della neoplasia, si potranno identificare in un solo esame multiple alterazioni con potenziale rilevanza terapeutica.
Al momento per il carcinoma della prostata in fase avanzata sono di interesse le mutazioni dei geni BRCA1/BRCA2, tuttavia anche marcatori agnostici possono rientrare nell’interesse dell’oncologo per l’offerta di nuovi agenti terapeutici.
Dr. Paolo Alessio
Dirigente Medico Chirurgo Urologo presso l’IRCCS Istituto di Candiolo.
Dr. Leonardo Tonelli
Dirigente Medico Anatomopatologo presso l’IRCCS Istituto di Candiolo.